In
Italia le città, il territorio, l’ambiente e il paesaggio versano in profondo
stato di crisi.
Ci siamo posti due domande:
Perché città e territorio Italiano sono così
brutti?
Perché la città e il territorio italiano
funzionano così male?
Ad
eccezione del poco paesaggio non ancora deturpato e di alcune porzioni di
centri storici, tutto il resto in Italia è brutto. A cominciare dalle case,
dalle architetture sorte negli ultimi 50 anni.
E
brutto è che la città in Italia non eserciti più il ruolo per cui è nata
millenni fa: luogo in cui gli uomini potessero creare centri di assistenza
reciproca e servizi comuni.
Anche
il territorio è brutto, poiché non svolge la sua funzione.
Questa
bruttezza nasce dal fatto che leggi e piani esistenti non sono in grado di
governare le città e il territorio in modo da soddisfare le esigenze dei
cittadini. Questo vale anche per i Governi nazionale e locali: che, oltre ad
essere incapaci di fare leggi e piani nuovi, lo sono anche di usare quelli
disponibili che servirebbero a risolvere alcuni problemi.
Anche
l’incapacità dei cittadini di chiedere un buon compromesso può essere definito
brutto.
Il
bello che è rimasto, i centri storici, li abbiamo trattati in modo perverso e
irragionevole. Abbiamo salvato gli edifici ma gli abbiamo sommersi di traffico
automobilistico che ne compromette anche l’aspetto estetico.
Abbiamo
permesso che il centro storico si riempisse di uffici e si svuotasse di
abitazioni e servizi primari (assistenza anziani, istruzione per i bambini,
artigiani..).
Così
il centro delle città di riempie di giorno e si svuota di notte.
I
negozi di prima necessità sono stati sostituiti da VETRINE, strumenti di
pubblicità delle multinazionali, le cui economie non dipendono dal mercato
locale (di quartiere) ma da quello mondiale. Così le VETRINE hanno raggiunto
fitti strepitosi pagati senza problemi dalle multinazionali.
In
un centro storico così trasformato è scomparsa la sicurezza. La città era nata
proprio per garantire sicurezza, grazie alle mura che la cingevano ma,
soprattutto, grazie alla presenza dei residenti.
I
quartieri periferici della città consolidata sono giustamente definiti
quartieri-dormitorio.
Le
periferie sono cresciute in modo congestionato sotto la spinta della rendita
urbana. Povere di servizi, quasi sempre sprovviste di verde. Tipico delle città
italiane sono le strade trasformate in parcheggi, intasate dal traffico, dove
autobus e tram hanno poca mobilità.
Il
territorio extraurbano è stato manomesso ed è presente lo sprawl , la “dispersione urbana”. Oltre ad aver costruito più che
altrove abbiamo disperso gli insediamenti residenziali e produttivi nella
campagna.
In
Francia, Germania o Inghilterra il territorio è costellato di piccoli centri
separati gli uni dagli altri. Fuori dai piccoli centri il territorio ha
mantenuto la sua funzione produttiva, destinato all’agricoltura e al sistema
naturale, svolgendo così anche il ruolo paesistico.
L’agricoltura,
oggetto principale del territorio extraurbano, in Italia è trattata come peggio
non si potrebbe.
L’agricoltura
è gestita molto male, utilizza colture idroesigenti che consumano il 60% del
acqua disponibile, ed è condizionata negativamente dalla discutibile politica
agricola imposta dalla Comunità europea.
La
cattiva gestione del territorio agricolo spinge a dire che anche il territorio
extraurbano è brutto.
Riguardo
i servizi lo Stato è stato poco presente, se non come figura autoritaria e
oppressiva comparsa sotto il fascismo.
Nell’ultimo
dopoguerra si è solo parzialmente corretto. Una politica nazionale di
interventi c’è stata solo per le case popolari (l’INA casa) e le autostrade.
Lo
Stato centrale ha dimenticato le ferrovie, il sistema idraulico, quello dello
smaltimento dei rifiuti. Si è occupato di elettricità solo per nazionalizzare
quella di origine idrica privata, trascurando per anni quella prodotta dagli
idrocarburi, che poteva nascere pubblica con l’ENI di Mattei.
Riferimento “Città
senza cultura” Giuseppe Campos Venuti- ED.Laterza.