“Attraversiamo l’Austria, ancora bella, intatta, con le
casette linde , con i gerani rossi sui davanzali. A Norimberga scendiamo per
una lunga sosta. Due prigionieri mongoli vengono circondati dagli alpini
curiosi, assediati, come se fossero due animali feroci in gabbia. Sono
spauriti. C’è anche un gerarca fascista, un dirigente del fascio all’estero,
che sia gita nel rendere omaggio a noi alpini che andiamo al fronte. E’ molto
servizievole. Lo guardiamo male, come si guarda un imboscato. La Germania ci appare come
un Paese ordinatissimo, dove tutti sono militarizzati, dove tutti sono in
divisa.
In Polonia il paesaggio cambia. Immense distese di terra che
si perdono all’orizzonte. Ogni tanto un treno distrutto, capovolto. Per la
prima volta sentiamo parlare dei partigiani, che sarebbero attivi e feroci. A
Varsavia il primo incontro con gli ebrei. Ci chiediamo chi siano questi civili-
donne, uomini, bambini- vestiti di stracci , tutti marchiati con una stella
gialla sul petto e sulla schiena, che vagano sui nostri binari, con le SS che
li controllano con le armi puntate. Tutti gli ebrei hanno un secchio e una
scopa. Sono addetti alla pulizia della stazione, devono raccogliere i rifiuti
della nostra tradotta. Voglio capire, cerco di capire. A Terèspol altra sosta,
altri ebrei. C’è un vecchio con una lunga barba bianca inginocchiato, con in
mano un crocifisso. E ostenta quel crocifisso verso la tradotta. Vuol dirci che
la nostra è un guerra maledetta!
Stolpce, in Ucraina, gli ebrei sono più numerosi Decidiamo
di rinunciare a una parte del nostro rancio caldo. La sosta è più lunga del
solito. Giuseppe Grandi mi parla, ci parliamo, preparando il rancio. Questa
gente muore di fame. Ne distribuiamo una parte , eludendo la sorveglianza delle
SS. Gli alpini sono scesi tutti tradotta, e nella confusione gli ebrei riescono
ad avvicinarsi a noi, a raccattare un mestolo di minestrone nelle loro scatole
di conserva vuote.
Una giovane donna riesce a farsi capire parlando in latino.
Dice che poco lontano c’è un campo di sterminio: ogni giorno vi muoiono 300
ebrei. In me è come se si spezzasse qualcosa. Voglio capire bene, voglio capire
tutto. E guardo, e fotografo con gli occhi tutto quello che vedo. Comincio a
guardare i tedeschi con odio. La mia ignoranza è catastrofica. Non so nulla dei
campi di sterminio. Ma mi rendo conto che la guerra dei tedeschi non è la mia
guerra. E questo sentimento mi spaventa, mi angoscia. Non avevo capito niente
del fascismo; nulla delle razziali del 1938. E chi non capisce nel momento
giusto rischia di capire quando è troppo tardi.”
Nuto Revelli“LE DUE GUERRE- Guerra fascista e guerra
partigiana” Einaudi
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