L'ENORME PESO SOSTENUTO DALL'URSS PER LIBERARE IL MONDO DAL NAZIFASCISMO Molti ricordano la Liberazione come il giorno in cui gli
angloamericani, assieme ai partigiani, hanno sconfitto il nazi-fascismo.
E' verissimo, ma occorre ricordare che questo è potuto accadere perchè
la gran parte dell'esercito tedesco (stime parlano dei 2/3 se non dei
3/4) era impegnato sul fronte orientale a combattere contro
l'Armata Rossa e a cercare di sterminare più slavi e comunisti
possibile. Ricordando che 5000 sovietici combatterono a fianco dei
partigiani in Italia vogliamo però rendere omaggio più in generale anche
a tutti i morti sovietici, senza il cui sacrificio non ci sarebbe
potuta essere nessuna Liberazione neanche in Italia. Per
quanto riguarda l'URSS il numero ufficiale di militari morti è 8,668,400
(di cui 6,330 000 morti in azione o per ferite, 556 000 morti per cause
non belliche, 500 000 dispersi e 1,283 000 morti in prigionia su un
totale di 4,059 000 prigionieri). Le stime occidentali dei prigionieri
sovietici sono invece di 5,700 000 prigionieri di cui 3,300 000 morti.
Richard Overy ha detto che nel 1941 e 1942 i morti, feriti, dispersi e
anche coscritti erano difficilmente calcolabili. Secondo molti storici
agli 8,668,400 morti vanno aggiunti 1,500 000 coscritti di riserva morti
o dispersi (soprattutto nel 1941) prima di essere messi nelle forze
attive, 150 000 miliziani e 250 000 partigiani. Così i morti arrivano a
10,600 000. Durante la guerra in URSS morirono 13 milioni di
uomini tra 17 e 39 anni. Se è vero che morirono 3,300 000 prigionieri
anziché 1,283 000 le cifra è di 12,600 000. Dopo la fine della guerra la
popolazione era 26,600 000 di meno che prima della guerra (questa cifra
include 3,300 000 civili morti nelle aree annesse nel 1939-1940). Lo
storico Vadim Erlikman ha stimato che i morti nella guerra siano stati
26,500 000 più 1,700 000 per le repressioni interne
dell'insubordinazione civile o militare. Secondo lui i morti militari
sono stati 10,600 000 di cui 7,600 000 morti e dispersi, 2,600 000 morti
in prigionia (di 5,200 000 prigionieri) e 400 000 morti delle forze
paramilitari e partigiane. I civili morti sarebbero 15,900 000 di 1,500
000 per azioni militari, 7,100 000 per le rappresaglie e i genocidi
nazisti, 1,800 000 nei campi di lavoro nazisti e 5,500 000 per le
carestie. Onore all'Armata Rossa. Onore a Stalin che la
guidò verso il trionfo in Europa Orientale permettendo così che anche in
Occidente si creassero le condizioni per l'intervento degli Alleati
anglo-americani.
A Odessa un’orda nazista ha trucidato 46 cittadini ucraini di origine russa. Disarmati. Lo ha fatto con i metodi nazisti del pogrom: bruciare, uccidere, non lasciare via di scampo alle vittime. I media, all’unisono, hanno falsificato la notizia,
l’hanno deformata fino a renderla irriconoscibile. Questa
falsificazione è funzionale a coprire le responsabilità degli Stati
Uniti e dell’Europa, che appoggiano il governo golpista di Kiev, da essi
portato al potere. Noi, cittadini italiani di una repubblica antifascista ormai solo di nome, siamo parte involontaria di questa mostruosa tragedia e di questo ritorno al passato. Lo siamo in quanto membri della NATO e alleati degli Stati Uniti. Possiamo tacere? Se lo faremo, saremo complici. Le prossime settimane, quelle che ci separano dal voto ucraino del 25 maggio,
vedranno, purtroppo, eventi ancora più sanguinosi, mentre la crisi tra
Russia e Occidente rischia di scivolare in conflitto aperto. Io chiedo a tutte le persone ragionevoli di partecipare a una manifestazione nazionale di protesta e di lutto. Chiedo che lo si faccia insieme e subito. Con urgenza, il 17 maggio, a Roma. E’ un appello a tutti, perché ci si riunisca in silenzio, senza bandiere,
in segno di lutto e di vergogna per questa Europa senza vergogna. Diamo
una risposta collettiva, grande, dignitosa. Sono a disposizione per
ogni contatto preliminare. Per inviare l’adesione a questo appello potete scrivere all’indirizzo mail info@giuliettochiesa.it. Giulietto Chiesa
Cari compagni e amici, sono molto felice e commosso di inviarvi questo messaggio, perché parla della nostra vita comune, negli ultimi dieci anni.
Siamo cresciuti insieme e stiamo diventando più forti nella tempesta dell'austerità neoliberista. Perché ancora una volta, quando il neoliberismo e i conservatori mandano indietro la ruota della storia, è il momento per la sinistra di spingere in avanti l'Europa.
Durante questi dieci anni tutti ci siamo evoluti,siamo cambiati, agendo insieme, discutendo insieme, decidendo insieme. Cambiando noi stessi, abbiamo cambiato la sinistra in Europa.Unire partiti diversi, da diversi paesi, tutti con le loro storie e tradizioni politiche,è stato ed è ancora - perché il processo di inclusione non è finito - un'azione politica difficile, ma affascinante.Lo abbiamo fatto con successo, perché è per questo che la sinistra esiste:per unire, non per dividere. E non possiamo unire le persone se non ci uniamo fra noi, coordinandoci con le altre forze progressiste.Perché quando ci uniamo non stiamo semplicemente aggiungendo forze, ma le moltiplichiamo,moltiplichiamo il nostro impatto. Riuscendo a farlo, abbiamo unito la sinistra in Europa.Ora siamo pronti ad unire l'Europa alla sinistra. Quell'Europa che il neoliberismo divide.
Siamo pronti a cambiare l'Europa, perché è chiaro:questa non è la nostra Europa, questa è l'Europa del neoliberismo,delle intese fra il Ppe, i liberali e i socialdemocratici europei;questa è l'Europa di Jean Claude Juncker, Guy Verhofstadt e Martin Schulz. È la loro Europa,e noi vogliamo cambiare questa Europa.
Al posto della loro Europa dell'austerità, della disoccupazione e della povertà;al posto della loro Europa, che distribuisce guadagni ai ricchi e paura ai poveri;al posto della loro Europa sempre al servizio dei bisogni dei banchieri vogliamo un'Europa al servizio delle persone e dei loro bisogni.
Un'Europa di pace e solidarietà, che dia priorità ai giovani.
Un'Europa democratica, sociale ed ecologica,questa è la nostra Europa, l'Europa della Sinistra europea.
Cari compagni e amici, questo è il momento. Cari compagni e amici, è il momento di cambiare l'Europa.
Le elezioni europee che si terranno fra qualche giorno sono diverse da tutte quelle che si sono svolte in passato. Sono fondamentali per il futuro dell'Europa,sono fondamentali per le nostre vite.
Votare non è mai stato importante di quanto sarà fra qualche giorno,perché l'Europa è a un bivio: se prevarranno le forze politiche neoliberistel'austerità diventerà permanente, la democrazia sarà ancora indebolita e gli standard di vita crolleranno.
Per questo crediamo che sia il momento di cambiare le nostre vite.
Restando a casa, non votando, lasciamo altri decidere per noi, per le nostre vite e per quelle dei nostri figli.
Dobbiamo andare alle urne a maggio, dobbiamo andare a votare. Stiamo combattendo per ogni
singolo voto: ogni voto che va alla Sinistra europea è un voto che indebolisce la signora Merkel,è un voto contro l'austerità.
Perché in questo momento critico, l'alternativa alle urne è cristallina: la Sinistra europea o l'austerità, la Sinistra europea o la signora Merkel.
Cari compagni e amici, condividiamo la stessa visione, condividiamo lo sforzo per realizzarla, rendiamo questo decimo compleanno della Sinistra europea un nuovo inizio per l'Europa.
Sarà il maggio della Sinistra europea, sarà il maggio della speranza e del cambiamento in Europa«We shall overcome», vinceremo.
L'unica Lista presente alle Elezioni Europee 2014 davvero dalla parte dei cittadini.
Basta pensare prima alle Banche, poi ai potenti e dimenticare completamente i cittadini, il popolo, le persone...
Questo maggio votiamo per la Nostra Vita!!!
Ecco le 10 vie alternative che intendiamo percorrere:
1 - Siamo la sola forza alternativa
perché non crediamo sia possibile pensare l’economia e l’Europa
democraticamente unita «in successione»: prima si mettono a posto i
conti e si fanno le riforme strutturali, poi ci si batte per un’Europa
più solidale e diversa. Le due cose vanno insieme. Operare «in
successione» riproduce ad infinitum il vizio mortale dell’Euro: prima si
fa la moneta, poi per forza di cose verrà l’Europa politica solidale. È
dimostrato che questa “forza delle cose” non c’è. Status quo significa
che s’impone lo Stato più forte.
2 - Siamo la sola forza
alternativa perché crediamo che solo un’Europa federale sia la via
aurea, nella globalizzazione. Se l’edificheremo, Grecia o Italia
diverranno simili a quello che è la California per gli Usa. Nessuno
parlerebbe di uscita della California dal dollaro: le strutture federali
e un comune bilancio tengono gli Stati insieme e non colpevolizzano i
più deboli. In un’Europa federata, quindi multietnica, l’isola di
Lampedusa è una porta, non una ghigliottina.
3 - Siamo la sola forza
alternativa perché non pensiamo che prioritaria ed esclusiva sia la
difesa dell’«interesse nazionale»: si tratta di individuare quale sia
l’interesse di tutti i cittadini europei. Se salta un anello, tutta la
catena salta.
4 - Siamo la sola forza
alternativa perché non siamo un movimento minoritario di protesta, ma
avanziamo proposte precise, rapide. Proponiamo una Conferenza sul debito
che ricalchi quanto deciso nel 1953 sulla Germania, cui vennero
condonati i debiti di guerra. L’accordo cui si potrebbe giungere è
l’europeizzazione della parte dei debiti che eccede il fisiologico 60
per cento del pil. E proponiamo un piano Marshall per
l’Europa, che avvii una riconversione produttiva, ecologicamente
sostenibile e ad alto impatto sull’occupazione, finanziato dalle tasse
sulle transazioni finanziarie e l’emissione di anidride carbonica, oltre
che da project bond e eurobond.
5 - Siamo la sola forza alternativa perché esigiamo non soltanto l’abbandono delle politiche di austerità,
ma la modifica dei trattati che le hanno rese possibili. Tra i primi:
l’abolizione e la ridiscussione a fondo del Fiscal Compact, che promette
al nostro e ad altri Paesi una o due generazioni di intollerabile
povertà, e la distruzione dello Stato sociale. Promuoviamo un’Iniziativa
Cittadina (art. 11 del Trattato sull’Unione europea) con l’obbiettivo
di una sua radicale messa in discussione. Chiederemo inoltre al
Parlamento Europeo un’indagine conoscitiva e giuridica sulle
responsabilità della Commissione, della Bce e del Fmi nell’imporre
un’austerità che ha gravemente danneggiato milioni di cittadini europei.
6 – Siamo la sola forza
alternativa perché non ci limitiamo a condannare gli scandali della
disoccupazione e del precariato, ma proponiamo un Piano Europeo per l’Occupazione
(PEO) il quale stanzi almeno 100 miliardi l’anno per 10 anni per dare
occupazione ad almeno 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (1 milione
in Italia): tanti quanti hanno perso il lavoro dall’inizio della crisi.
Il PEO dovrà dare la priorità a interventi che non siano in contrasto
con gli equilibri ambientali come le molte Grandi Opere che devastano il
territorio e che creano poca occupazione, ad esempio il TAV
Torino-Lione e le trivellazioni nel Mediterraneo e nelle aree protette.
Dovrà agevolare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di
combustibili fossili; la creazione di un’agricoltura biologica; il
riassetto idrogeologico dei territori; la valorizzazione non speculativa
del nostro patrimonio artistico; il potenziamento dell’istruzione e
della ricerca.
7 – Siamo la sola forza
alternativa perché riteniamo un pericolo l’impegno del governo di
concludere presto l’accordo sul Partenariato Transatlantico per il
Commercio e l'Investimento (Ttip). Condotto
segretamente, senza controlli democratici, il negoziato è in mano alle
multinazionali, il cui scopo è far prevalere i propri interessi su
quelli collettivi dei cittadini. Il welfare è sotto attacco. Acqua,
elettricità, educazione, salute saranno esposte alla libera concorrenza,
in barba ai referendum cittadini e a tante lotte sui “beni comuni”. La
battaglia contro la produzione degli OGM, quella che penalizza le
imprese inquinanti o impone l’etichettatura dei cibi, la tassa sulle
transazioni finanziarie e sull’emissione di anidride carbonica sono
minacciate. La nostra lotta contro la corruzione e le mafie è
ingrediente essenziale di questa resistenza alla commistione
mondializzata fra libero commercio, violazione delle regole, abolizione
dei controlli democratici sui territori.
8 - Siamo la sola forza
alternativa perché vogliamo cambiare non solo gli equilibri fra
istituzioni europee ma la loro natura. I vertici dei capi di Stato o di
governo sono un cancro dell’Unione, e proponiamo che il Parlamento
europeo diventi un’istituzione davvero democratica: che legiferi, che
nomini la Commissione e il suo Presidente, e imponga tasse europee in
sostituzione di quelle nazionali. Vogliamo un Parlamento costituente,
capace di dare ai cittadini dell’Unione una Carta che cominci, come la
Costituzione statunitense, con le parole «We, the people....». Non con
la firma di 28 re azzoppati e prepotenti, che addossano alla burocrazia
di Bruxelles colpe di cui sono i primi responsabili.
9 - Siamo la sola forza
alternativa a proposito dell’euro. Pur essendo critici radicali della
sua gestione, e degli scarsi poteri di una Banca centrale cui viene
proibito di essere prestatrice di ultima istanza, siamo contrari all’uscita dall’euro
e non la riteniamo indolore. Uscire dall’euro è pericoloso
economicamente (aumento del debito, dell’inflazione, dei costi delle
importazioni, della povertà), e non restituirebbe ai paesi il governo
della moneta, ma ci renderebbe più che mai dipendenti da mercati
incontrollati, dalla potenza Usa o dal marco tedesco. Soprattutto
segnerebbe una ricaduta nei nazionalismi autarchici, e in sovranità
fasulle. Noi siamo per un’Europa politica e democratica che faccia
argine ai mercati, alla potenza Usa, e alle le nostre stesse tentazioni
nazionaliste e xenofobe. Una moneta «senza Stato» è un controsenso
politico, prima che economico.
10 – Siamo la sola
forza alternativa perché la nostra è l’Europa della Resistenza: contro
il ritorno dei nazionalismi, le Costituzioni calpestate, i Parlamenti
svuotati, i capi plebiscitati da popoli visti come massa amorfa, non
come cittadini consapevoli. Dicono che la pace in Europa è oggi un fatto
acquisito. Non è vero. Le politiche di austerità hanno diviso non solo
gli Stati ma anche i popoli, e quella che viviamo è una sorta di guerra
civile dentro un’Unione che secerne di nuovo partiti fascistoidi come
Alba Dorata in Grecia, Jobbik in Ungheria, Fronte Nazionale in Francia,
Lega in Italia. All’esterno, poi, siamo impegnati in guerre decise dalla
potenza Usa: guerre di cui gli Stati dell’Unione non discutono mai
perché vi partecipano servilmente, senz’alcun progetto di disarmo,
refrattari a ogni politica estera e di difesa comune (il costo della
non-Europa in campo militare ammonta a 120 miliardi di euro annui).
Perfino ai confini orientali dell’Unione sono gli Stati Uniti a decidere
quale ordine debba regnare.
L’Europa che abbiamo in mente è quella del Manifesto di Ventotene,
e chi lo scrisse non pensava ai compiti che ciascuno doveva fare a
casa, ma a un comune compito rivoluzionario. Noi oggi facciamo rivivere
quella presa di coscienza: per questo al Parlamento europeo saremo con
Tsipras, non con i socialisti che già pensano a Grandi Intese con i
conservatori dello status quo. Siamo così fatti perché non abbiamo
perduto la memoria del Novecento. L’Europa delle nazioni portò ai
razzismi, e allo sterminio degli ebrei, dei Rom, dei malati mentali.
L’Europa della recessione sfociò nella presa del potere di Hitler.
Mercoledì 16 alle 21.00 anteprima del film LA MEMORIA DEGLI ULTIMI di Samuele Rossi.
Ad incontrare il pubblico saranno presenti il regista e produttore Samuele Rossi, Giorgio Vecchiani, Presidente dell’ANPI di Pisa e protagonista del documentario, Giuseppe Cassaro, produttore e compositore delle musiche, Michele Battini, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Civilta' e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e l'assessore Marilù Chiofalo, Comune di Pisa.
Ad
un anno dal 70° anniversario della Liberazione il giovane Samuele Rossi
– dopo La strada verso casa presentato nel 2011 al Festival
Internazionale del Film di Roma e alla Mostra Internazionale di Cinema
di San Paolo - parla di “urgenza di raccogliere i pezzi di Storia che il
tempo ha allontanato e messo ai margini, per mantenere viva la
Memoria”. Nell’assenza di amore, di attenzione e di conoscenza degli
italiani per la memoria storica trova genesi La memoria degli ultimi,
documentario intimo e delicato, ritratto delle vite di alcuni
ex-partigiani combattenti, uomini e donne, oggi ultra ottantenni.
Il
regista ci conduce nelle località dei singoli protagonisti e negli
spazi del loro passato: dal rifugio partigiano di Fontana Nuova
nell’Appennino ligure alla linea gotica delle Cave di Carrara al Campo
Tizzoro, zona di combattimento dell’Appennino pistoiese. Spazi che si
fanno luoghi: luoghi nei quali, ancora oggi, si respira la speranza in
un futuro migliore che ha spinto una intera generazione di giovani a
combattere e sacrificare molto della loro vita.
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Nel
documentario le testimonianze sono intramezzate da spezzoni degli
archivi storici dell’Istituto Luce e dai disegni sulla Resistenza
realizzati da Germano Pacelli, autore anche dell’abbraccio della
locandina ufficiale.
Pisa festeggia il 70esimo della Liberazione, bella iniziativa de IL TIRRENO che insieme all'ACQUARIO DELLA MEMORIA ha dato vita al Memory Sharing, la condivisione della memoria, tramite fotografie, testimonianze, video..
Fame e macerie sotto i mortai
Come l'acciaio resiste la città
Strade di Stalingrado di sangue siete lastricate
Ride una donna di granito su mille barricate
Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa
D'ora in poi troverà Stalingrado in ogni città
L'orchestra fa ballare gli ufficiali nei caffè
l'inverno mette il gelo nelle ossa
ma dentro le prigioni l'aria brucia come se
cantasse il coro dell'armata rossa
La radio al buio e sette operai
sette bicchieri che brindano a Lenin
e Stalingrado arriva nella cascina e nel fienile
vola un berretto un uomo ride e prepara il suo fucile
Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa
D'ora in poi troverà Stalingrado in ogni città
СТАЛИНГРАД
Голод и руины бок о бок со смертью.
Как сталь стоит до последнего город.
Улицы Сталинграда залиты кровью;
смеётся каменная женщина на тысячах баррикад.
На его морозных улицах свастика не знает
Что когда-то потом воспоют Сталинград, этот город в огне.
Оркестр сыграет ему в офицерском кафе,
зима напустит крепкие морозы,
но в тюрьмах обжигает мотив, как будто
поёт хор Красной Армии.
Радио в темноте и семеро рабочих,
семь стаканов поднятых за Ленина,
и Сталинград пришёл и в хлев, и на сеновал,
летит фуражка, солдат смеётся и готовит свою винтовку.
На его морозных улицах свастика не знает
Что когда-то потом воспоют Сталинград, этот город в огне.
STALINGRAD
Hunger and ruins under mortar bombings
But like steel the city will resist.
Streets of Stalingrad, you are paved with blood,
A stone woman is laughing on thousands of barricades
On its frozen way, the swastika knows it well:
from now on, it will find Stalingrad in every town
The band makes the officers dance in the cafés,
all men's bones are frozen with winter cold,
but inside the jails, the air is burning as if
the Red Army choir were singing
A radio in the darkness, and seven workers,
seven glasses drinking a toast to Lenin*
and Stalingrad reaches the old farmyard and the hayloft
a cap is flung in the air, a man laughs and prepares his gun
On its frozen way, the swastika knows it well:
from now on it will find Stalingrad in every town.
Olga proveniva da una famiglia ebrea molto benestante di Monaco di Baviera,
figlia di Leo Benario e di Eugénie Gutman. L'avvocato Benario aveva
idee politiche socialdemocratiche: nel suo studio legale di Karlplatz
riceveva tanto la ricca clientela della borghesia cittadina, quanto
modesti operai che egli difendeva gratuitamente.[1]
Il successo della Rivoluzione bolscevica e la grave crisi economica e sociale in cui, nel dopoguerra, versava la Repubblica di Weimar, le fece ritenere che la soluzione positiva per la Germania
potesse trovarsi nel socialismo e così, appena quindicenne, Olga si
iscrisse al KJVD, la Lega Giovanile Comunista di Germania e, per
rendersi indipendente dalla famiglia, s'impiegò come commessa in una
libreria dell'elegante centro di Monaco.
Alla fine del 1923 conobbe e s'innamorò di Otto Braun (1900-1974), un colto ventitreenne comunista che aveva tuttavia già compiuto esperienze rivoluzionarie durante la fallita sollevazione spartachista del 1919,
il quale la consigliò le letture necessarie per la formazione di una
militante esperta. Quando questi fu chiamato dal suo Partito a Berlino, Olga non esitò a seguirlo.
Il Partito comunista tedesco, per quanto la sua attività politica
fosse permessa dalle autorità, si era data anche una struttura
clandestina: a Berlino andarono a vivere in una povera soffitta sulla
Weserstrasse e Olga assunse il nome di Frieda Wolf Behrendt, moglie di
Arthur Behrendt, ossia dello stesso Otto Braun. Nella realtà erano
amanti, ma marito e moglie soltanto sulla carta, essendo allora Olga del
tutto contraria al matrimonio, da lei considerata un'istituzione borghese che asserviva la donna all'uomo.
La corte penale di Moabit
L'attività di Olga era quella consueta di ogni militante comunista:
stampe di ciclostili, volantinaggi, picchetti alle fabbriche in
sciopero, manifestazioni, la lettura dei classici del marxismo e le riunioni con i compagni fino a notte nella birreria Müller della Zietenstrasse.[2]
Nel 1926,
mentre intanto l'influenza del Partito continuava a crescere nel paese,
Olga fu promossa segretaria politica della gioventù comunista di
Berlino. Nell'ottobre fu arrestata con Otto Braun con una serie di
accuse gravissime: partecipazione ad associazione clandestina, tentativo
di modificare con la violenza la Costituzione, alto tradimento. Accuse
però senza fondamento, tanto che il 2 dicembre, dopo due mesi di
interrogatori, fu rilasciata, mentre il suo compagno Otto rimase in
carcere senza la possibilità di ricevere visite e ottenere assistenza
legale. L'accusa nei suoi confronti era di essere una spia al soldo
dell'Unione Sovietica.[3]
Quando, dopo più di un anno di carcere, l'11 aprile 1928
Otto Braun veniva condotto, direttamente dalla prigione alla stanza del
giudice istruttore incaricato dell'inchiesta, nell'edificio della Corte
penale di Moabit, quartiere di Berlino, un gruppo di giovani, comandato
da Olga, armata di pistola, s'impadroniva del prigioniero.
L'azione fu rapida e incruenta: il gruppo riuscì a dileguarsi e vane
furono le ricerche e inutile la taglia di 5.000 marchi posta sul capo
dell'evaso. Otto e Olga stettero nascosti per qualche tempo a Berlino
poi, in auto e con falsi documenti, espatriarono in Polonia per raggiungere in treno l'Unione Sovietica.[4]
In Unione Sovietica
Olga Benario in divisa militare
A Mosca
Olga ricevette il nuovo nome di Olga Sinek, entrò a far parte del
Comitato centrale della Gioventù comunista internazionale
(«Kommunističevskij Internacional Molodeži», o KIM), e seguì un lungo
corso di addestramento militare a Borisoglebsk,
imparando a usare le armi, ad andare a cavallo, a pilotare aerei e a
lanciarsi con il paracadute: finita la relazione con Otto Braun, alla
fine del 1931, con il nome di Eva Kruger, fu inviata dall'Internazionale in missione a Parigi dove un giorno, in seguito alla sua partecipazione a una manifestazione, fu espulsa. Dal Belgio passò allora a Londra, dove fu ancora fermata dalla polizia e schedata e tornò finalmente a Mosca dove, nel 1934, fu messa in contatto con un giovane comunista brasiliano, Luís Carlos Prestes.[5]
Prestes aveva alle sue spalle una vicenda politica strettamente
legata alla recente storia del paese sudamericano. Dalla fine
dell'Ottocento le oligarchie degli Stati di San Paolo – costituite da produttori di caffè - e quelle di Minas Gerais – legate all'agricoltura, all'allevamento del bestiame e alla produzione del latte
– avevano formato all'alleanza politica, chiamata per questo motivo la
«politica del caffelatte», in base alla quale alla presidenza della
Repubblica federale brasiliana si sarebbero alternati i governatori di
questi due Stati, che erano gli esponenti politici rappresentanti quei
due maggiori potentati economici del Brasile. La ragione dell'accordo
era quella di non creare conflitti all'interno della stessa classe
dominante che esprimeva due tendenze politiche divergenti: quella dei
produttori di caffè e della borghesia commerciale, volta
all'esportazione, che necessitava di una politica economica liberista, e
quella dei latifondisti, indirizzata al consumo interno e interessata a
una politica di protezionismo economico. Il compromesso politico era
garantito da un sistema generalizzato di corruzione: brogli elettorali,
spartizioni di incarichi, favoritismi clientelari, repressione
dell'opposizione politica e sindacale.
Luis Carlos Prestes nel 1930
Nell'ottobre del 1924,
l'ingegnere e capitano dell'esercito brasiliano Luis Carlos Prestes
aveva guidato un centinaio di ribelli che, formatosi nello Stato del Rio Grande do Sul per combattere la dittatura del presidente Artur da Silva Bernardes, era risalito per il Paraná,
sperando di poter sollevare altre guarnigioni per giungere al
rovesciamento del regime. Prestes riuscì a formare solo un contingente
di 1.500 uomini che, sviluppando una forma di guerriglia,
riuscì a tenere in scacco per tre anni le forze governative senza
subire sconfitte ma senza nemmeno riuscire nell'obiettivo di sollevare
le masse contadine, così che nel 1927
Prestes, soprannominato il «Cavaliere della speranza» e comandante
della «Invitta Colonna Prestes», sciolse il gruppo combattente
espatriando in Bolivia.
Qui ricevette la visita di Astrojildo Pereira, uno dei fondatori del Partito comunista brasiliano, che lo invitò ad aderire. Prestes prese tempo: passò in Argentina e a Buenos Aires entrò in contatto con diversi esponenti comunisti latino-americani.[6]
La crisi economica mondiale del 1929 aveva messo in ginocchio anche l'economia brasiliana e spezzato i vecchi accordi tra le oligarchie: nel 1930Getúlio Vargas, espressione dei latifondisti dello Stato di Minas Gerais ma consumato populista, presentò un programma progressista e si candidò contro il paulistaJúlio Prestes
(omonimo, non parente di Luís Carlos), ma fu sconfitto. Lamentando
brogli elettorali, Vargas reagì organizzando con successo un colpo di
Stato militare - al quale aveva chiesto l'adesione di Luís Carlos
Prestes, rientrato clandestinamente in Brasile, che però rifiutò di
parteciparvi - impadronendosi del potere e rinnegando gran parte delle
promesse elettorali. Abolita la Costituzione e sciolto il Parlamento,
assunse nella sua persona il potere legislativo ed esecutivo, adottando
una politica di repressione delle organizzazioni sindacali. Dovette
soffocare una rivolta scoppiata a Recife nell'ottobre del 1931 e far fronte, l'anno dopo, all'insurrezione dello Stato di San Paolo.
A questo punto Luís Carlos Prestes pubblicò una lettera aperta, nella
quale sosteneva la necessità che i lavoratori si ponessero alla testa
di un movimento rivoluzionario: divenuto un dirigente del Partito
comunista brasiliano grazie alle pressioni esercitate direttamente dal
Comintern sul Partito brasiliano, Prestes si trasferì nel 1931 in Unione Sovietica, dove lavorò come ingegnere, studiò la teoria marxista e la tattica leninista e finalmente, incaricato dall'Internazionale comunista, alla fine del 1934
sembrò essere pronto per la difficile impresa di organizzare in Brasile
un movimento rivoluzionario. Il Comintern, di fronte al successo del fascismo
in Europa, aveva abbandonato la politica di violenta contrapposizione
alle socialdemocrazie fin lì perseguita e aveva proclamato la necessità
di un fronte unito contro i regimi reazionari: il 30 dicembre Olga e
Luís Carlos - secondo i falsi documenti, i coniugi Olga Sinek e Pedro
Fernández - partirono insieme per il lungo viaggio che doveva condurli
in Brasile.[7]