27 gen 2012

Per il giorno della memoria

 

Attraversiamo l’Austria, ancora bella, intatta, con le casette linde , con i gerani rossi sui davanzali. A Norimberga scendiamo per una lunga sosta. Due prigionieri mongoli vengono circondati dagli alpini curiosi, assediati, come se fossero due animali feroci in gabbia. Sono spauriti. C’è anche un gerarca fascista, un dirigente del fascio all’estero, che sia gita nel rendere omaggio a noi alpini che andiamo al fronte. E’ molto servizievole. Lo guardiamo male, come si guarda un imboscato. La Germania ci appare come un Paese ordinatissimo, dove tutti sono militarizzati, dove tutti sono in divisa.

In Polonia il paesaggio cambia. Immense distese di terra che si perdono all’orizzonte. Ogni tanto un treno distrutto, capovolto. Per la prima volta sentiamo parlare dei partigiani, che sarebbero attivi e feroci. A Varsavia il primo incontro con gli ebrei. Ci chiediamo chi siano questi civili- donne, uomini, bambini- vestiti di stracci , tutti marchiati con una stella gialla sul petto e sulla schiena, che vagano sui nostri binari, con le SS che li controllano con le armi puntate. Tutti gli ebrei hanno un secchio e una scopa. Sono addetti alla pulizia della stazione, devono raccogliere i rifiuti della nostra tradotta. Voglio capire, cerco di capire. A Terèspol altra sosta, altri ebrei. C’è un vecchio con una lunga barba bianca inginocchiato, con in mano un crocifisso. E ostenta quel crocifisso verso la tradotta. Vuol dirci che la nostra è un guerra maledetta!

Stolpce, in Ucraina, gli ebrei sono più numerosi Decidiamo di rinunciare a una parte del nostro rancio caldo. La sosta è più lunga del solito. Giuseppe Grandi mi parla, ci parliamo, preparando il rancio. Questa gente muore di fame. Ne distribuiamo una parte , eludendo la sorveglianza delle SS. Gli alpini sono scesi tutti tradotta, e nella confusione gli ebrei riescono ad avvicinarsi a noi, a raccattare un mestolo di minestrone nelle loro scatole di conserva vuote.

Una giovane donna riesce a farsi capire parlando in latino. Dice che poco lontano c’è un campo di sterminio: ogni giorno vi muoiono 300 ebrei. In me è come se si spezzasse qualcosa. Voglio capire bene, voglio capire tutto. E guardo, e fotografo con gli occhi tutto quello che vedo. Comincio a guardare i tedeschi con odio. La mia ignoranza è catastrofica. Non so nulla dei campi di sterminio. Ma mi rendo conto che la guerra dei tedeschi non è la mia guerra. E questo sentimento mi spaventa, mi angoscia. Non avevo capito niente del fascismo; nulla delle razziali del 1938. E chi non capisce nel momento giusto rischia di capire quando è troppo tardi.”


Nuto Revelli“LE DUE GUERRE- Guerra fascista e guerra partigiana” Einaudi
 


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